“Sabato c’è l’Open House all’Ovetto-nido, si deve andare, non trovi?”
Così me l’aveva venduta mamma Ova mercoledi mattina.
E con questo in mente sabato mattina papà Ovo aveva preso con se tutta la famiglia ed era entrato baldanzoso nell’Ovetto-nido.
Li, aveva controllato l’armadietto insieme all’Ovetta e a mamma Ova, era andato a far la pipì nel micro water insieme all’Ovetta e a mamma Ova e si era accovacciato gambe incrociate insieme all’Ovetta e a mamma Ova… nel frattempo l’Ovetto schiacciava un pisolo in mezzo ad un baccano indescrivibile di Ovetti che cercavano di affacciarsi sul bordo della culla onde poterlo vedere, toccare, forse anche tossirgli addosso qualche microbo.
Poi una maestra si è avvicinata e con fare gentile e suadente ha prima edulcorato, quindi teso la trappola maligna: “Direi che qui può rimanere un genitore, poi magari vediamo, dipende da come reagisce la piccola, nel frattempo uno di voi potrebbe andare col piccolo nell’altra sala”.
A dire il vero non ho capito bene perché l’Ovetta, abituata al nido, avrebbe dovuto prender male la presenza di entrambe i genitori, ma tant’è… visto che non sarebbe stato carino obiettare e visto che in fondo non avevo nulla in contrario, prendo con me l’Ovetto, apro il separè che ci divide dalla stanza accanto ed entro richiudendomi la porta dietro di me; quindi alzo gli occhi dall’Ovetto, che nel frattempo si è svegliato, e….”sono in trappola”.
Davanti a me una serie di coppie sedute in circolo, tutti gli occhi puntati sul ritardatario (cioè io), le donne mi guardano e sorridono (che papà premuroso, con il suo piccolo), gli uomini mi guardano con maschile solidarietà (hanno fregato anche te), sulla sinistra una donna mi accoglie e mi raggela “Prego si sieda, prenda un posto con noi, stiamo affrontando un tema che l’affascinerà di certo; stiamo affrontando il tema di quali siano state le sensazioni che lei, la sua coppia e l’intera sua famiglia ha provato nel momento dell’abbandono, cioè nel momento in cui sua figlia/o per la prima volta ha dovuto lasciare casa per iniziare questa splendida avventura che l’ha portato qui”
Valuto le possibilità: potrei gettarmi dalla finestra alla mia destra…. ma la culla con il piccolo è pesante, potrei fare una rapida inversione di marcia… ma non sarei molto credibile, guardo l’Ovetto… il vigliacco sta ridendo… sono in trappola… mi siedo.
Nella successiva mezz’ora sono successe le seguenti cose.
La donna di cui sopra, che è stato poi appurato essere una psicopedagoga o psicopedagogista (che tanto non so che cosa è) ha sparato un pistolotto iniziale che ha portato al culmine l’attenzione della platea di sesso femminile, mentre ha portato gli sguardi maschili verso il nulla ed oltre; per quanto riguarda l’Ovetto, beh, lui ha dato un’occhiata qua e là.
Mentre la platea femminile dibatteva alternando concetti intimisti a frasi da Bacio Perugina, il Monno non ce l’ha fatta più ed ha sparato nell’aere un PROTTTT che ha fatto voltare tutti… verso di me.
La platea maschile ha continuato a guardarsi le scarpe, e quando, nel migliore dei casi, qualcuno ha accennato a prender la parola, è stato prontamente redarguito dalla consorte di turno; il Monno rideva come un pazzo immerso in una nube di puzzette che pian piano si spargevano intorno, mentre i vicini si giravano a guardare… me.
Nel frattempo, dall’altra stanza giungevano urla di gioia, canti, balli, e chi più ne ha più ne metta; o forse era solo la mia immaginazione che sentiva tutto questo.
Poi, finalmente, la psicoquelcheè ci ha dato il compitino: “Ora torniamo di la, ed insieme ai nostri figli costruiremo su questi bellissimi cartoni ognuno un vagone; insieme formeranno un treno che accompagnerà gli Ovetti in questo splendida avventura che è il nido; mi raccomando, lasciate spazio ai piccoli, mettete dentro tutte le LORO emozioni ”.
A quel punto avrei dovuto prendere l’Ovetta, guardarla dritta negli occhi e chiederle:
“ Ma tu, duenne, come hai vissuto il momento dell’abbandono, che poi comunque non è un abbandono, diciamo il distacco, che poi comunque non è un distacco, diciamo il rimanere senza mamma e papà per qualche ora, che poi non è comunque così, diciamo…”
Lasciamo perdere; ok facciamo un disegno!
La piccola si è girata, ha visto colla, conchiglie, carta, cartoncino, forbice, pennarelli, pasta, e non so così altro e si è gettata a capofitto…